Siamo giornalisti freelance e orgogliosi di esserlo: free come in free speech, non come in free beer.
Siamo uno dei pilastri del mondo dell’informazione attuale e ancor più del suo futuro, anche se il nostro lavoro non sempre è riconosciuto per quello che è: un misto di competenze, esperienza, contatti, flessibilità, innovazione, capacità di organizzazione.
Il nostro lavoro è una risorsa per tutti: per questo va pagato. Bene. E nei tempi previsti dalla legge.
I nostri articoli non devono essere stravolti nel contenuto, titolo e contesto in cui sono presentati.
Siamo liberi professionisti. L’esclusiva? Va pagata.
Siamo collaboratori esterni delle redazioni: la disponibilità quotidiana e la reattività immediata sono un di più che vanno negoziati. Ma abbiamo anche il diritto a essere informati per tempo di decisioni redazionali che possano avere un impatto sul nostro lavoro.
Se ci chiedete proposte, idee, progetti, siete liberi di non sceglierli, ma ci aspettiamo una risposta in tempi ragionevoli.
I lavori commissionati, consegnati e corrispondenti a quanto richiesto vanno pagati anche se per vostri motivi decidete di non pubblicarli. E vogliamo sapere in anticipo il compenso di un lavoro.
Abbiamo diritto al rimborso delle trasferte. E a una copertura legale da parte delle testate per cui lavoriamo.
Abbiamo diritto a ferie, malattia, maternità, pensione: purtroppo oggi questi diritti per noi, come per molti altri lavoratori freelance, sono una chimera. Vogliamo impegnarci perché non sia più così.